Il Ministro vuole utilizzare le Prove INVALSI per valutare i docenti Stampa
Opinioni - Scuola
Domenica 26 Dicembre 2010 11:46

Mi dispiace dover constatare per l'ennesima volta la superficialità con cui l'attuale Ministro della Pubblica Istruzione affronti argomenti seri, come quello della valutazione dei docenti nella scuola.
Ora sembra sia stata colta da una sorta di folgorazione.
Il ragionamento è assai semplice. Così come per valutare se un pasticciere è più bravo di un altro basta mettere a confronto torte e semifreddi, per gli insegnanti facciamo lo stesso! Abbiamo le Prove INVALSI che ci restituiscono una situazione oggettiva riguardo le performances degli alunni e quindi diventa semplice, per lei, stabilire quali sono gli insegnanti che meritano di essere premiati.

Una piccola differenza caro Ministro però ci sarebbe. Se, piu' o meno, uova e farina si assomigliano un po' dappertutto, si dà il caso che i bambini siano una materia prima un pochino complessa, molto diversa a seconda di diversi fattori, ad esempio se viene "estratta" nel centro urbano piuttosto che in periferia, nel moderno nord o nel dimenticato sud e potrei continuare.
Signor Ministro, il sottoscritto, anni fa, lavorava in 2 classi in un modulo interplesso. Una classe in un quartiere socioeconomicamente decisamente privilegiato, l'altra, al contrario, in una realtà piuttosto deprivata. Se fossero stati sottoposti alle Prove INVALSI, i primi alunni sarebbero certamente risulltati i migliori dell'Istituto, gli altri i peggiori. Eppure eravamo gli stessi insegnanti! Forse saremmo stati giudicati meritevoli con i primi e pessimi con gli ultimi. Che strano... eppure io son convinto che il meglio di noi lo abbiamo dato proprio con la classe peggiore!
Intanto il Ministro, anche se solo a livello sperimentale, con delle scuole che vorranno aderire spontaneamente, avvierà questa valutazione dei docenti tramite la valutazione degli alunni.
Inserisco una nota di Salvatore Nocera, Responsabile dell’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio Scolastico sull’Integrazione dell’AIPD Nazionale, che illustra questa... stravagante iniziativa.

L’idea di valutare i docenti non è nuova. Ci provò anche Berlinguer e si bruciò. Adesso ci prova la Gelmini e, certo, il momento scelto non è dei migliori con la durissima contestazione della sua riforma universitaria che rischia di influire negativamente sul tentativo di sperimentazione.
Invero l’idea di valutare l’efficacia del processo formativo dei docenti non è, in via di principio, errata, in quanto si collega all’idea di valutare la qualità del servizio di istruzione.
Lascia però perplessi la scelta dei criteri adottati per la valutazione, basati sul profitto degli alunni, misurato con test di valutazione standard, forniti dall’INVALSI. Le scuole in cui l’esito delle prove INVALSI sarà superiore alla media verranno premiate e verrà premiato il 25% dei docenti che hanno contribuito all’esito positivo delle prove con il proprio insegnamento.
Le perplessità riguardano i parametri di valutazione. Infatti si è certi che la valutazione del profitto in alcune discipline (italiano e matematica) sia frutto esclusivo dell’attività di insegnamento dei docenti? Non può influire anche la capacità di apprendimento degli alunni e le condizioni pregresse su cui tale insegnamento interviene, come ad es. situazione familiare più o meno favorevole culturalmente ed economicamente? E l’esito negli apprendimenti nelle altre discipline non conta nulla?
Attualmente l’esito delle prove INVALSI fa media con l’esito degli scrutini ed esami degli alunni e quindi la valutazione degli alunni è più articolata e completa. Limitarla, come ora si vorrebbe, alle sole prove “oggettive” è significativa delle capacità professionali dei docenti? E poi, in che senso tali prove sono “oggettive”? La formulazione effettuata dagli elaboratori dei test non potrebbe discriminare alunni che vivono in diversi contesti culturali, familiari ed ambientali?
Inoltre la valutazione delle prove “oggettive” degli alunni dovrebbe misurare anche la qualità delle singole istituzioni scolastiche. Questa valutazione non può però avere validità permanente, dal momento che la mobilità dei docenti nelle singole scuole è attualmente apertissima e docenti che hanno contribuito ad una valutazione positiva in un anno, l’anno successivo potrebbero cambiare per più del 50% e fornire esiti valutativi ben diversi.
Ma scendendo più in dettaglio, è possibile valutare la qualità di una scuola solo dall’esito di profitto in qualche disciplina, senza tener conto dell’effetto che l’insegnamento produce sull’educazione e sulla crescita personale e sociale di ciascun alunno?
E scendendo ancora più in dettaglio, oggi nelle nostre scuole abbiamo il 2,41% di alunni con disabilità. L’Italia, unico Paese al mondo, ha realizzato l’inclusione generalizzata degli alunni con disabilità; non si può valutare la qualità di una scuola, basandosi solo sul profitto realizzato in alcune discipline dagli alunni, senza tener conto della qualità dei risultati dell’inclusione scolastica. E questa inclusione non è finalizzata solo alla crescita negli apprendimenti di talune discipline, ma come stabilisce l’art. 12 comma 3 della L. n° 104/92, anche alla crescita “nella comunicazione, nella socializzazione e nelle relazioni”. Ora, per valutare in modo più esauriente la qualità di una scuola, bisognerebbe tener conto anche di questi elementi e delle condizioni che li hanno favoriti,
come l’efficienza e l’efficacia dei servizi necessari all’inclusione, come espressamente prevede l’art.12 comma 6 della L. n° 104/92.
Occorrerebbe individuare degli indicatori che permettano la valutazione, che l’INVALSI in una ricerca del 2005 ha individuato in tre gruppi:
1. “indicatori strutturali”, cioè presenti nella scuola, come assenza di barriere architettoniche e senso-percettive, presenza stabile fin dall’inizio dell’anno scolastico di docenti specializzati per il sostegno;
2. “indicatori di processo”, come formulazione di una chiara diagnosi funzionale, elaborazione di un puntuale piano educativo personalizzato;
3. “indicatori di esito”, come modalità adeguate di mezzi e di prove di valutazione e finalmente l’esito di quell’anno di inclusione attraverso la valutazione dei quattro parametri sopra evidenziati: crescita negli apprendimenti, nella comunicazione, nella socializzazione, nelle relazioni.
Come si vede la valutazione della qualità dell’inclusione in una scuola è ben più complessa della sola valutazione degli apprendimenti e la valutazione della qualità di una scuola è ben più complessa della valutazione dei soli alunni senza disabilità. Occorrerebbe impostare un progetto che possa combinare gli indicatori per valutare gli alunni con disabilità con quelli per valutare i compagni, facendone una media ponderata.
Come si vede la valutazione della qualità dell’inclusione in una scuola è ben più complessa della sola valutazione degli apprendimenti e la valutazione della qualità di una scuola è ben più complessa della valutazione dei soli alunni senza disabilità. Occorrerebbe impostare un progetto che possa combinare gli indicatori per valutare gli alunni con disabilità con quelli per valutare i compagni, facendone una media ponderata.
Allora due scuole che avessero risultati simili quanto alla valutazione degli apprendimenti dei soli alunni senza disabilità potrebbero avere punteggi differenti, se si tenesse conto pure dei risultati dell’inclusione. Ma di tutto ciò non è traccia nella sperimentazione che sta avviando il Ministro.

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