Il settore dell’intrattenimento è evidentemente uno di quelli che si è evoluto di più grazie al progresso tecnologico e al proliferare delle connessioni internet. Una delle forme più recenti di gioco viene individuata nel cosiddetto “social gaming”, che si svolge principalmente sulle piattaforme social, dove si riversa quotidianamente gran parte della popolazione mondiale. Spesso e volentieri si parla di giochi di squadra, che approfittano delle possibilità di interazione garantite dalle stesse piattaforme per spingere gli utenti a sfidarsi tra loro in tempo reale o a cooperare per conseguire obiettivo comune. Niente a che vedere con i videogame propriamente detti, ma il concetto è per certi versi simile: divertirsi in compagnia, ma a distanza. Quella normalmente sottintesa dai social.
Fu in primis Facebook a favorire l’idea che fosse possibile giocare insieme sui social, soprattutto intorno agli anni 2010. All’epoca erano disponibili giochi classici come “Nomi, cose e città” o test sulla memoria e sulle capacità di calcolo, con tanto di classifiche comprensive dei propri amici virtuali che avevano speso tempo su quello stesso titolo. Oggi i social gaming si sono radicalmente trasformati, al punto che è possibile inquadrare anche giochi che si basano espressamente su questa filosofia, su tutti “Roblox”, che permette di inventare da zero dei giochi nuovi per poi condividerli sul web. Invero, “Roblox” fu programmato già nel lontano 1988, ma il sistema di sviluppo fu pubblicato solo a partire dal 2006 per poi diffondersi definitivamente tra il 2012 e il 2015.
Altre perle del social gaming che hanno attirato facilmente anche l’attenzione mediatica sono state “Farmville” (una specie di gestionale a tema agricolo) e “Clash of Clans” (un più classico gioco di strategia). Ancora prima che nascesse la definizione di “social gaming” se ne potevano intravedere diversi aspetti in “The Sims”, che permetteva ai giocatori di creare personaggi con una vita definita in un mondo completamente virtuale. All’epoca, però, si tendeva a giocare da soli a questi titoli, mentre il social gaming propriamente detto prevede che le persone rimangano in contatto in tempo reale, intrattenendosi con attrazioni puramente digitali.
Parentesi a parte meritano le trasposizioni online dei vecchi giochi di carte. In alcuni casi è possibile praticarli per puro diletto, ma c’è chi gioca seriamente anche da remoto. Alle volte, dunque, non c’è bisogno di sapere quanti sono i numeri della roulette o come funzionano i bui nel gioco del poker, perché molte delle incarnazioni digitali delle classiche attrazioni da sala non impegnano i partecipanti dal punto di vista strettamente economico. Insomma, anche i giochi di questo tipo possono essere trattati alla stregua della battaglia navale o del bowling online, in pieno stile social gaming e senza sviluppare necessariamente un lato competitivo.
Oggi l’età media degli appassionati di social gaming si sta elevando sensibilmente e anche l’utenza femminile inizia a vantare numeri importanti, paragonabili a quelli dei maschi. Anche senza rendercene conto, probabilmente ognuno di noi avrà avuto a che fare almeno una volta con i social gaming. In fin dei conti, basta che due persone scarichino una qualsiasi applicazione di intrattenimento ed entrino in contatto tra loro per farne parte. Ormai anche i veri e propri videogiochi stanno implementando sempre più una componente social, come nel caso della serie di “GTA”, al punto che si ipotizza che il prossimo “GTA VI” possa diventare di fatto un nuovo social network. Mediante internet il gioco virtuale si è aperto a tante nuove frontiere.