Ricevo e pubblico volentieri l'accorato appello di una mamma, Laura Ceccon, rivolto agli insegnanti per stimolarli a superare i tanti pregiudizi che ancora permangono quando in classe sono presenti bambini dislessici.
Sono completamente d'accordo (e lo scrissi tempo fa...) sul concetto che non basta una legge a garantire il rispetto per stili e modalità di apprendimento diversi, ma occorre un vero e proprio "cambiamento culturale" all'interno del mondo della scuola.
Ben vengano i contributi come quello di Laura, nella speranza che soprattutto i colleghi incapaci di mettersi in discussione, possano, almeno per una volta, riflettere sulla necessità di rispettare e valorizzare ogni identità personale.
Credo di poter parlare a nome dei tanti genitori di bambini e ragazzi dislessici, ma anche dei molti insegnanti già sensibili al tema, nel ribadire ancora una volta che il problema non sono i nostri figli dislessici e non è la dislessia. Il problema è piuttosto l’incapacità di capire cosa essa sia e come si debba serenamente affrontare, senza pregiudizi, all’interno di un sistema didattico finalmente flessibile alle differenze.
I nostri figli non sono malati, stupidi, pigri, svogliati. Sono invece ragazzi intelligenti, capaci e creativi che hanno semplicemente modalità di apprendimento diverse da quelle rigidamente standardizzate e che hanno pertanto bisogno di metodologie didattiche flessibili nonché di strumenti consoni alle loro peculiarità.
Essere dislessici non è una vergogna come non lo è essere mancini, daltonici o albini. Ben lungi dall’essere un handicap o, peggio ancora, un’etichetta infamante, la dislessia è semplicemente una caratteristica individuale. Ed infatti il problema nasce solo nel momento in cui questi ragazzi, spigliati ed arguti, vengono a contatto con un sistema scolastico che non ne riconosce la legittimità, che ne mette in dubbio la veridicità, che rifiuta di dare loro ciò di cui hanno bisogno. In sintesi che non rispetta la loro identità personale. In tale contesto ai nostri figli non rimane che soccombere, innanzitutto psicologicamente e tanto più velocemente quanto meno possono contare su una famiglia capace di tutelarne caparbiamente i diritti. Diversamente invece possono sviluppare tutte le loro capacità, acquisire l’autostima necessaria per raggiungere il successo formativo e costruirsi il bagaglio culturale fondamentale per realizzarsi nella vita. Basta poco, in fin dei conti, solo un pizzico di sensibilità e di rispetto.
Conosco personalmente ragazzi dislessici eccezionali, che si sono laureati, che hanno scritto libri, che hanno lanciato attività imprenditoriali che hanno mille stupendi progetti in testa ma purtroppo vedo anche tanti loro compagni più sfortunati, vittime sacrificali di una cultura prevaricante e irrispettosa delle differenze.
E’ vero, oggi finalmente, possiamo contare su una legge che tutela i diritti degli studenti dislessici, approvata alcuni mesi or sono all’unanimità, ma sappiamo anche che si tratta di un cambiamento culturale il cui decorso non sarà così immediato e scontato. Giocano “contro” i pregiudizi e l’abituale resistenza al cambiamento, ben supportati dall’altisonante campagna negazionista che trova spesso breccia sui media proprio per i suoi toni allarmistici (scuole come ospedali, malati anziché somari, scuole in declino ecc.). Mascherati da una patina di buonismo egualitario, questi interventi ricalcano la feroce crociata anti-psichiatrica (e anti ADHD e DSA) sbarcata dagli USA assieme ad una ben nota setta pseudo-religiosa.
Ora il Comitato Tecnico-Scientifico è al lavoro per definire i decreti attuativi della legge sulla dislessia ed ecco, come in ogni momento delicato dell’iter legislativo, far capolino un nuovo attacco, lanciato a spron battuto sui media a mo’ di comunicato stampa, questa volta da una fantomatica “insegnante” in totale anonimato. Non credo certo che gli autorevoli componenti del Comitato si lascino condizionare da argomenti così poco qualificati. In ogni caso, si sappia, noi genitori di ragazzi dislessici, sostenuti dai numerosi insegnanti e tecnici che hanno a cuore il loro futuro, sorridiamo ormai nel leggere le solite accozzaglie di banalità e procediamo instancabili nel portare avanti con determinazione questa battaglia di civiltà.
Per i nostri figli e per quelli che verranno.
Per una cultura della diversità, di cui l’Italia ha così tanto bisogno.
Laura Ceccon e sottoscrittori
La lettera può essere firmata su http://www.facebook.com/topic.php?topic=20909&post=167398&uid=456803020023&ref=mf#post167398
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